
Gli effetti della privazione di sonno
12 Luglio 2023
L’attività fisica regolare può contribuire a prevenire il declino cognitivo in età avanzata, ma uno nuovo studio dell’UCL suggerisce che questo effetto potrebbe essere compromesso se le persone non dormono a sufficienza. La ricerca, pubblicata su The Lancet Healthy Longevity, ha seguito 8.958 persone di età superiore ai 50 anni in Inghilterra per un periodo di 10 anni al fine di indagare l’impatto combinato del sonno e dell’attività fisica sulla funzione cognitiva.
Lo studio ha scoperto che gli individui fisicamente attivi, ma che dormivano mediamente meno di 6 ore sperimentavano un declino cognitivo più rapido. Dopo 10 anni, la loro funzione cognitiva era paragonabile a quella di coloro che si impegnavano meno nell’attività fisica. La dott.ssa Mikaela Bloomberg, autrice principale dello studio, ha sottolineato l’importanza di un sonno adeguato per beneficiare appieno dell’attività fisica e ha evidenziato la necessità di considerare entrambi i fattori per la salute cognitiva.
Studi precedenti sull’argomento si sono limitati a semplici flash temporali, e i ricercatori sono rimasti sorpresi nel scoprire che l’attività fisica regolare da sola potrebbe non bilanciare gli effetti a lungo termine della privazione del sonno sulla salute cognitiva.
I risultati hanno confermato che dormire tra le 6 e le 8 ore per notte e svolgere un livello più elevato di attività fisica sono associati a una migliore funzione cognitiva. Inizialmente, gli individui più attivi dal punto di vista fisico ottenevano risultati migliori indipendentemente da quanto dormivano. Tuttavia, nel corso dei 10 anni, coloro che erano fisicamente attivi, ma dormivano poco hanno sperimentato un declino più rapido delle capacità cognitive. Questo modello è stato evidente nei partecipanti di età compresa tra i 50 e i 60 anni, mentre i partecipanti più anziani (70 anni e oltre) sembravano mantenere i benefici cognitivi dell’esercizio nonostante il sonno insufficiente.
Il co-autore, il professor Andrew Steptoe, ha sottolineato l’importanza di identificare i fattori che preservano le funzioni cognitive in età avanzata per prolungare gli anni di buona salute dal punto di vista cognitivo e potenzialmente ritardare le diagnosi di demenza. Sebbene l’attività fisica sia già riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per preservare la funzione cognitiva, gli interventi dovrebbero anche considerare le abitudini del sonno per massimizzare i benefici a lungo termine.
Lo studio si è avvalso dei dati dell’English Longitudinal Study of Ageing (ELSA), uno studio di coorte rappresentativo a livello nazionale condotto in Inghilterra. I partecipanti hanno riportato autonomamente la durata del sonno e i livelli di attività fisica, e sono stati suddivisi in gruppi di sonno (breve, ottimale, lungo) e gruppi di attività fisica (più attivi, meno attivi). La funzione cognitiva è stata valutata utilizzando test di memoria e fluency verbale. I ricercatori hanno effettuato adeguamenti per i fattori di confondimento ed escluso gli individui con autodiagnosi di demenza o compromissione cognitiva.
Tuttavia, lo studio aveva delle limitazioni, come il ricorso a dati auto-riferiti. Ulteriori ricerche sono necessarie su popolazioni diverse, esplorando ulteriori domini cognitivi e indicatori di qualità del sonno, e utilizzando strumenti di misurazione come i tracker di attività indossabili.